Chi si lamenta del fatto che in Italia si programmi esclusivamente a corta gittata ha sicuramente delle buone ragioni dalla sua, ma si perde qualche pezzo. Esistono progetti come “Nell'Olimpo di Beethoven”, organizzato dall'associazione Musincantus in collaborazione con la scuola di alto perfezionamento musicale di Saluzzo gestita da Donato Renzetti, che guardano molto avanti, fino alle Olimpiadi di Cortina 2026, con la proverbiale lentezza di chi pensa alla salute. Dal 2021 questa inedita triangolazione tra Treviso, Legnago e, appunto, Cortina dà corso a un appuntamento all’anno in cui si alternano, tra palco e strumento solista, un nome affermato e una giovane promessa, a fase alternata. Nella prima edizione della rassegna, che andava in scena esattamente dodici mesi fa, toccò proprio a Renzetti tenere a battesimo il “talentino” Davide Ranaldi al pianoforte. Invertendo i ruoli, il nome di richiamo per il secondo concerto del ciclo, che ha debuttato al Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso lo scorso 14 dicembre con repliche a Cortina domenica 18 e a Legnago martedì 20, è Alessandro Taverna, chiamato ad affrontare il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 Op. 15 di Beethoven. Accanto a lui c'è Alessandro Cappelletto, un giovane direttore che dopo questo tris di concerti sarà impegnato al Teatro La Fenice con Satyricon di Bruno Maderna.
Alessandro Taverna padroneggia il Primo di Beethoven con una classe che trascende la perizia tecnica. È un Beethoven intimo, tracciato con un’eleganza che ne enfatizza la radice classica senza spingerlo verso un impeto romantico, che in un contesto così raccolto e di fronte a un ensemble dalle dimensioni cameristiche sarebbe francamente fuori luogo, né asciugarlo troppo fino a rinsecchirlo. Un equilibrio di gusto che si concretizza nella sensibilità di una mano che trova sempre la giusta misura, sia nel variare i colori che nel dosare la dinamica.
Se da Taverna ci si poteva aspettare una prova di garanzia, Cappelletto registra un ottimo debutto sul podio dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta. Dopo l’Ouverture da La secchia rapita - omaggio quasi dovuto a Legnago, uno dei tre cantoni del progetto e città natale di Antonio Salieri - già in Beethoven dà dimostrazione di saper accompagnare con raffinatezza e attenzione, cosa ben diversa dal servilismo, evidenziando una comunione di intenti con il solista che raggiunge il suo vertice emotivo in un secondo movimento cantato a mezzavoce da strumento e orchestra.
Schubert viceversa dà libero sfogo alla personalità del direttore che, questa è la prima buona notizia, c’è, e non è banale darne dimostrazione in un repertorio sentito e strasentito. È una Terza Sinfonia - diretta a memoria e con tutti i ritornelli al loro posto - trascinante e colma di energia, non perché spinta sull’acceleratore ma per chiarezza di articolazione e brillantezza, ma anche ben bilanciata nella concertazione, che a dispetto di un organico orchestrale estremamente leggero riesce a ottenere un suono al tempo stesso terso e rotondo. Come accennato, l’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta è in assetto iper-cameristico, le manca dunque un po’ di ampiezza nel suono degli archi, ma risponde con reattività.
Successo molto caloroso per tutti. Merita una menzione la meravigliosa esecuzione del bis proposto da Alessandro Taverna, una trascrizione dell’aria Schafe können sicher weiden dalla Cantata BWV 208 di Bach.