4 luglio 2016

Mirandolina di Martinů alla Fenice

La Mirandolina in scena al Teatro La Fenice è uno spettacolo da vedere. Senz’altro per la rarità del titolo – anche se, detto onestamente, è difficile intravedere in quest’opera paragoldoniana di Bohuslav Martinů i tratti del capolavoro – ma soprattutto perché la compagnia cui è affidata funziona in ogni sua componente.

Gianmaria Aliverta ha forse “un poco di più merto” rispetto agli altri, anzi, si potrebbe dire che i suoi meriti siano fondamentalmente due. Il primo sta nel capire che Mirandolina fatica a reggere sulle proprie gambe, non tanto nella drammaturgia quanto nella definizione dei caratteri, e necessita pertanto di una stampella che ne aiuti l’incedere. La soluzione è semplice ma vincente. Il regista ridisegna i personaggi secondo stereotipi da B-movie, così il conte d’Albafiorita diventa un coatto arricchito, il marchese di Forlimpopoli un bauscia – una sorta di “milanese imbruttito”, per parlare social – Ortensia e Dejanira sono due sgallettate di periferia. Il risultato sorprendentemente centra il bersaglio perché parla un linguaggio che è fulminante e chiaro a tutti.

Questa fauna dei sobborghi, sgradevole e volgare, fatta di burini e millantatori, incidentalmente si ritrova nella Spa di Mirandolina ove si scatena la furibonda tamarreide. Le agili scene di Massimo Checchetto sono perfette nel tracciare le coordinate e aiutano la dinamicità dello spettacolo.

La seconda carta vincente di Aliverta, si diceva, è squisitamente tecnica: il regista fa il regista, cosa non scontata nel mondo operistico, e lo fa benissimo. Ritmo, recitazione, rapporto con la musica, tutto è finemente calibrato e tutto funziona alla perfezione. Persino le uscite per gli applausi. Lo aiuta un cast che è composto da artisti che sono, ancor prima che bravi cantanti, eccellenti attori.



Non è meno efficace la regia sonora John Axelrod il quale, pur sacrificando qualcosa in termini di bellezza del suono e leggerezza, non inciampa in cali di tensione ma punta dritto a una narrazione brillante e tesissima.

Dei cantanti si è già accennato. Silvia Frigato è una protagonista di tutto rispetto, sicurissima vocalmente e capace di tenere bene il palco. Emerge per qualità del canto il bravo Leonardo Cortellazzi, Fabrizio.
Omar Montanari, cavaliere di Ripafratta, si conferma eccellente artista a tutto tondo. Il conte d’Albafiorita è un Marcello Nardis esuberante, il marchese di Forlimpopoli un irresistibile Bruno Taddia.

Centratissime la Ortensia della bella Giulia Della Peruta e la Dejanira di Laura Verrecchia. Se la cava bene anche Christian Collia, servitore.

Lo spettacolo piace al pubblico ed è giusto così.
Paolo Locatelli
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