22 ottobre 2022

Simon Rattle e la London Symphony Orchestra tra Sibelius e Bruckner

  Prima la cronaca. Dopo un paio di minuti dall'inizio della Settima di Bruckner, un manipolo di professori d'orchestra abbandona il palco del KKL di Lucerna. Rattle, sgomentato, non sa che fare, esita per alcuni istanti e quindi ferma tutto. Confabula per una decina di secondi con una prima parte degli ottoni, quindi avanza in proscenio e avvisa: un musicista si è sentito male, "it's real life", ricominciamo dall'inizio. E così è andata.

Simon Rattle e la London Symphony Orchestra tra Sibelius e Bruckner
© Priska Ketterer/Lucerne Festival

  Se il Sibelius di Oceanidi e Tapiola è grossomodo un esercizio di stile per far capire a tutti quanto sono bravi Simon Rattle e la London Symphony Orchestra, i conti si fanno con Bruckner. E i conti tornano. Sibelius è una lezione pratica di direzione e concertazione. Sembra che Rattle si diverta a pilotare quel macchinario-straordinario che è l'orchestra inglese per mettere in mostra quanto è possibile cavare dall’orchestrazione del compositore finlandese. Un trionfo di colori, fremiti, di controllo ed equilibrismo. Basterebbe il perfetto bilanciamento tra ottoni e archi, a disegnare un suono ombroso (Tapiola), a dare prova della maestria coloristica di Rattle, che pur è sempre sorvegliatissimo. Anche nei momenti di maggior impeto non si avverte mai uno sbilanciamento tra sezioni, uno stridore, un elemento indisciplinato che sfugga all’ordine.

  Ma come si diceva, il bello deve ancora arrivare. E arriva, con una Settima di Bruckner che non è solo magnificamente eseguita, ma vissuta e spiegata. L'inizio carezzevole cede presto il passo a un pulsare ora ansioso, ora esitante, a cercare quel bandolo della matassa che con Bruckner sembra non arrivare mai. Rattle scava nel tentativo di dare sintesi e consequenzialità a tutti quei temi e frammenti che si susseguono, avanzando tra slanci e indugi. L'Adagio è commovente. Libero e leggero, con il tema principale che ritorna ora più lento, ora più mosso, senza che si percepisca alcuna forzatura nei leggeri sbalzi agogici.

  Quindi riparte il processo di costruzione e decostruzione, come fosse lì a cercare di mettere insieme dei pezzi uno dopo l'altro per costruire qualcosa che non si capisce mai dove possa portare. Una prova di classe cui morbidezza e flessibilità della London Symphony Orchestra contribuiscono in modo sostanziale. Un’orchestra tanto limpida quanto pastosa e bilanciata nell’amalgama, che sotto la guida Rattle - che tra un paio d’anni lascerà lo scranno per fare posto ad Antonio Pappano - ha mantenuto la formidabile qualità tecnica, guadagnando, se possibile, un ventaglio coloristico ancor più ampio.

  Trionfo clamoroso a fine concerto, con il pubblico del KKL in piedi ad applaudire direttore e orchestra.

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