7 gennaio 2022

Note su note: Eine Alpensinfonie

Il procedere per narrazioni e affreschi ambientali di Eine Alpensinfonie, più o meno esplicitamente riconducibili a un tema ben definito, produce un effetto riflesso nella predisposizione emotiva di chi l’ascolta, una percezione sensoriale e psicologica che va oltre la contemplazione del paesaggio evocato. È l’esaltazione di questa dimensione di straniamento e vertigine di fronte a una natura imperiosa e al tempo stesso spaventosa nella sua possanza che rende così interessante e personale la lettura di Vladimir Jurowski, il quale sposta la lente dall’oggetto al soggetto. La sua Sinfonia delle Alpi è una festa di colori in cui le tenebre e i pascoli assolati, la gloria delle vette e la brezza notturna non si lasciano solo ammirare, ma si fanno sentire sulla pelle. 

C’è sì, nel mezzo, un’eco dello Strauss iper-germanico tutto ottoni poderosi e titanismo, ricco di slancio e, per certi versi, di ottimismo, ma non è mai svincolato da ombrosità sinistre, da dissonanze o asperità ben marcate, quasi fossero ammaccature inquietanti di un monumento o noccioli infernali che covano sotto una superficie lucente. La fermezza nel proseguire oltre l’edonismo sonoro svela ancor più chiaramente i lacci che legano questo lavoro con altri che seguiranno, in particolare la Donna senz’ombra (nell’Apparizione e quel che segue, ad esempio, Jurowski sembra avere ben chiaro in mente che l’universo sonoro è il medesimo).

Protagonista di questo viaggio da notte a notte tra le cime alpine è una Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin in stato di grazia per fluidità, reattività e qualità d’impasto.