9 febbraio 2021

Note su note: un nuovo Tabarro. Ce n'era davvero bisogno?

Prima l’excusatio non petita, per addolcire la pillola: Pentatone è una delle migliori case discografiche sul mercato per qualità e quantità della proposta. Ma c’è un ma: l’opera la bucano spesso, un po’ perché i cast non sono sempre all’altezza della sala di registrazione, un po’ perché nove volte su dieci la bacchetta finisce in mano a Marek Janowski, che forse quello che aveva da dire l’ha bello che detto. E chissà che in Puccini qualcosa da dire non ce l’abbia neanche mai avuto.


Se nel Tabarro non “passano” quella calura e quel tanfo di sudore di un fine turno di manovali, abbiamo un problema. Se il 6/8 ansioso e furtivo che apre l’incontro clandestino dei due amanti (O Luigi, Luigi) lo stacchi compassato, i problemi sono già due. Se quel “è lui?” che dovrebbe suonare come un colpo al cuore – e non perché lo dico io ma perché Puccini lo scrive chiaramente: “sussultando” – scivola via come niente fosse, be’, ci siamo capiti. Potrei andare avanti a lungo. Insomma se in quest’opera non sai creare un contesto intorno a ogni parola, che è sempre la punta di un iceberg di sensi di colpa, risentimenti, angosce, speranze tumulate o deluse, di nostalgie e sofferenze cronicizzate, tanto vale lasciarla perdere. Ce ne facciamo poco dei piani sonori meravigliosamente distinti dai tecnici – davvero, i primi venti minuti sulla Senna sono un gioiello di regia audio – o del bel suono della Filarmonica di Dresda (occhio, non la Staatskapelle!), che fa tutto come si deve. Così come ce ne facciamo poco del bel do di Melody Moore se poi sciupa ogni sillaba, aggiustandosi il libretto come le viene più comodo.

Poco da dire sul resto: Brian Jagde è il classico Luigi col vocione grosso da macho che non ci va tanto per il sottile, Lester Lynch (Michele) stessa cosa, solo che anziché essere tenore è baritono. I comprimari fanno il loro compito con diligenza, chi più chi meno, forse meglio dei tre cantanti principali.

Lo ascolti e ti chiedi: perché? Occasione sprecatissima.