8 novembre 2022

La Resurrezione di Luisi

Un’apertura di stagione in autunno inoltrato è una scelta inconsueta per il Giovanni da Udine ma non illogica, visto che la data del concerto inaugurale ha mancato di un pelo il venticinquesimo compleanno del teatro, che cadeva giusto un paio di giorni prima che la Seconda di Mahler alzasse il sipario sulla nuova annata. Inconsueta è stata anche la sfilata di amministratori e politici sul palcoscenico, una circostanza infrequente da queste parti in cui domina un understatement molto “friulano” che rasenta la laconicità. D’altronde l’occasione era ghiotta, anche per chi a teatro ci mette piede di rado, per rivendicare il ruolo centrale dell’istituzione udinese nella vita culturale cittadina e regionale e celebrare, anche giustamente, l'amore del pubblico che non è mai venuto meno neanche nei momenti in cui le restrizioni erano più stringenti.

La scelta del titolo, voluta o meno che fosse, calzava a pennello per festeggiare quella che si spera sia una vera “resurrezione” dell’attività a pieno regime e richiamava - il compositore era lo stesso - il concerto che il 18 ottobre del 1997 battezzò il neonato teatro, con la Sinfonia dei Mille.

Quanto al programma, si trattava della terza replica dell’evento che ha aperto la stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e di cui ha dato conto Ludovico Buscatti, l’unica in trasferta dopo le due all’Auditorium "Arturo Toscanini” di Torino. Difficile non condividere l’ammirazione per la capacità del direttore emerito dell’orchestra, Fabio Luisi, di dare coesione narrativa allo sviluppo della sinfonia. Luisi non rinunciava alla magniloquenza dell’opera, aiutato da un’orchestra capace di prodursi in sonorità compatte e brillanti soprattutto nei forti, ma nemmeno a rifinire i dettagli. Eccellente la prova del Coro del Teatro Regio di Torino preparato da Andrea Secchi, per varietà coloristica e ampiezza del ventaglio, mentre tra le due soliste è parsa in forma migliore il contralto, Wiebke Lehmkuhl, voce ampia e tornita, rispetto a Valentina Farcas che, pur esprimendo ottime intenzioni espressive, faticava a riempire l’ampia sala del teatro udinese.

A fine concerto accoglienza festosa e prolugata per tutti.