23 ottobre 2022

Lucas Debargue al Cristofori

  Doveva essere un concerto solo quello di Lucas Debargue al Festival Pianistico Internazionale Bartolomeo Cristofori, ma in realtà sono diventati due. Anzi tre, perché nel mezzo c’è stato anche il Bar Tolomeo - Cocktail di contemporanea “Margarita”, con un ottimo Daniele Fasani al pianoforte a esplorare alcuni anfratti della produzione recente per lo strumento: parte delle Variazioni su El pueblo unido di Frederic Rzewski, Variazione su uno spazio ricurvo di Salvatore Sciarrino, le Blanca Variations, tratte dall’opera The Exterminating Angel di Thomas Adès, e una prima assoluta, Ah! Poor bird di Dario Carpanese.

  Ma andiamo con ordine. Il Festival Cristofori, che ha appena festeggiato il quinto anno di vita, è una rassegna dedicata all’inventore del pianoforte e dunque allo strumento stesso, che si tiene a Padova dal 2018. Tra concerti, approfondimenti e simposi multidisciplinari, il programma si allarga dalla musica ad altre scienze, fino a coinvolgere la gloriosa Università cittadina, sconvandone le interconnessioni profonde.



  Quello di Lucas Debargue si annunciava come il concerto evento della rassegna e non ha deluso le aspettative. Debargue è una figura dalla parabola curiosa e dall’indole antidivistica. Scopre il pianoforte già cresciutello, a undici anni, giocandoci per caso mentre è ospite di un amico, ma a diciassette lo pianta in asso per cambiare vita e dedicarsi ad arte e letteratura. Tuttavia, come insegna la canzone, ci sono amori che fanno giri immensi e poi ritornano, e così succede. Debargue, divenuto ormai ventenne, torna nel paese natale per un concerto jazz e la scintilla scatta di nuovo. Decide così che il pianoforte sarà la sua professione e inizia un percorso intensivo di formazione con Rena Chereshevskaya che lo porterà a guadagnarsi il quarto posto al Concorso internazionale Čajkovskij del 2015. Non un gran piazzamento in valore assoluto, ma Gergiev lo nota e lo vuole portare con sé in tournée. È il treno che passa una volta nella vita per sconvolgerla radicalmente. Da allora è iniziata una carriera da star, con ospitate e collaborazioni per cui molti artisti firmerebbero un patto col demonio. 

  Non è dunque un musicista qualsiasi, Debargue, uno dal percorso lineare e dalla marcia instradata col paraocchi, ma un eclettico. Fa il grande repertorio, sì, che probabilmente è quello che gli dà da mangiare, ma non vi si limita. Compone, improvvisa, strimpella altri strumenti, quando capita torna al jazz.

  Il programma cui è chiamato dal Cristofori nella Sala dei Giganti di Padova è ispirato a “Musica e poesia” e si fatica a immaginare una scelta più azzeccata, anche se l’universo di Debargue pare lontano da certo versificare soave e lirico, ma più incline a una poetica maledetta baudelairiana, se non addirittura espressionista. Ha sì tecnica e controllo prodigiosi - e d’altronde quali tra i solisti in circolazione non possono dire lo stesso? - ma non solo. Aggredisce la tastiera con impeto brutale, mordace, con una passionalità quasi violenta.

  Non ricerca la tenerezza né la bellezza, almeno non solo quelle, ma l’urgenza. È un pianismo elettrico il suo, vitalistico, non un’esibizione perbenino da primo della classe, anche se primi della classe bisogna esserlo per affrontare un programma simile, che dopo la Sonata in la minore K 310 di Mozart mette in fila tre prove di bravura da far tremare le vene. Un triplice Chopin, con Ballata n. 2 op. 38, Preludio op. 45 e Polonaise-Fantasie op. 61, quindi i tre poemetti da Gaspard de la nuit di Ravel e la Fantasia quasi Sonata “Après une lecture de Dante” di Franz Liszt. Cambia epoca e repertorio ma non la sostanza: Debargue è un terremoto, addenta alla giugulare il vecchio Steinway della sala con precisione e fluidità che mandano in delirio il pubblico.

  Di quel che è successo dopo si è già fatto cenno. Al main event della domenica ha fatto seguito un appuntamento "minore" al Barco Teatro, una piccola sala con bar che ospita una propria stagione con un bel palco e un’eccellente acustica, con protagonista il citato Daniele Fasani. L'epilogo non era previsto in locandina e forse proprio per questo è stato ancor più interessante. Una volta terminato il concerto della “seconda serata”, Debargue e Fasani si sono smezzati palco e strumento un po’ per improvvisare, un po’ per sottoporre allo stress-test del pubblico qualche pezzo inedito, un po’ per il mero piacere di suonare, anche insieme. Una gioia condivisa da pochi intimi, che non se ne dimenticheranno.


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