8 ottobre 2023

Ukiyo, al Festival Cristofori arriva Mao Fujita

  Come suggerisce il claim “Ukiyo – Il pianoforte del Sol Levante”, c'è molto Giappone quest'anno al Festival Pianistico Internazionale Bartolomeo Cristofori, rassegna padovana di fine estate dedicata al pianoforte e al suo inventore, che per la sua sesta edizione ha concentrato il focus sulle connessioni tra strumento e tradizione musicale nipponica. Accanto all’artista in residenza e nome forte del cartellone Mao Fujita, ventiquattrenne medaglia d’argento al concorso Cajkovskij nel 2019 e da allora in grande ascesa internazionale, dall’apertura all’appuntamento conclusivo del 26 settembre il Cristofori ospita la fortepianista Keiko Shichijo, la pianista Chisato Taniguchi, Kyohei Sorita con la Japan National Orchestra e il violinista Seiji Okamoto, accanto a una serie di appuntamenti eterogenei che vanno dalla divulgazione all'approfondimento oltre, ovviamente, a tanta musica dal vivo.

  Ed è stato proprio Mao Fujita ad aprire, nel primo dei suoi tre appuntamenti in calendario, il programma del festival nel concerto inaugurale al Teatro Verdi. Il quale Fujita è quel che si può definire un artista sorprendente, nel vero senso del termine. Al di là della pulizia, della brillantezza del tocco e del garbo con cui solletica la tastiera, che sono qualità condivise seppur con diversi di gradi purezza da qualsiasi buon solista al mondo, il pianista giapponese ha il dono di stupire, anche in una pagina stranota come il Concerto in la minore di Schumann. Non perché si inventi cose strambe o per un’eccentricità forzata, ma per la capacità di sbalzare di quel poco l’articolazione come a inventare un’espressione musicale che è del tutto personale e spontanea. Non sempre, va detto. Fujita non è ancora inappuntabile né in grado di mantenere la tensione massima per tutto lo sviluppo del brano e lo stesso livello di originalità e profondità in ogni battuta, ma di scovare intuizioni fulminanti, dettagli rivelatori, momenti stranianti, questo sì. Ci riesce ad esempio quando alla seconda ripresa del tema di Florestano nel primo movimento lo porge squisitamente al clarinetto, che recepisce al meglio, o quando nell’Allegro vivace ripercorre le medesime cellule cambiando di quel poco la tensione di legato e staccato in modo da vivificare in un istante la musica, come dandole tridimensionalità.

  Fujita è inoltre un solista che sa ascoltare e appoggiarsi all’orchestra che lo accompagna, nel caso specifico l’Orchestra di Padova e del Veneto ben condotta da Wolfram Christ, storica viola dei Berliner Philharmoniker e solidissima bacchetta, cui è totalmente affidata la seconda parte di concerto che prevede il Trittico per archi di Yasushi Akutagawa - tanto per restare in Giappone - e l’Italiana di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Non si differenzia granché l’approccio del direttore ai due lavori, sempre quadrato e pragmatico, un po’ come il suo gesto. Narrazione serrata, pochi fronzoli e tanta attenzione alla concertazione, che è ben equilibrata a dispetto dell’acustica scomoda della sala e di una precisione che, se è pressoché inappuntabile nei fiati, talvolta scivola via agli archi.

  Biglietti pressoché esauriti e gran successo di pubblico.