25 agosto 2017

La residenza artistica della GMJO

A metà agosto Pordenone è stata invasa da un'orda di musicisti giovani e belli. Si tratta di un grande progetto che - si spera - proseguirà anche nei prossimi anni: la residenza artistica della Gustav Mahler Jugendorchester. Musica ovunque, performance in piazza, prove aperte al pubblico, due concerti in giro per il Friuli (ne scrivo qui) e molto altro, in attesa della doppia inaugurazione del 6 e 7 settembre. 



La Gustav Mahler Jugendorchester nacque nel 1986 da un'intuizione visionaria di Claudio Abbado. Il crollo del muro di Berlino era di là da venire e l'Europa, benché pervasa da un'aria nuova, reggeva ancora su due piedi separati da un oceano e al suo interno era spezzata da una linea ininterrotta di frontiere. In questo quadro va collocata l'idea di istituire un'orchestra che unisse giovani musicisti provenienti da ogni angolo del continente (oggi sono ventidue le nazioni rappresentate), per trovare i denominatori comuni tra culture cugine e confinanti, partendo proprio dal più universale tra i linguaggi: la musica.

Non sorprende che a oltre trent’anni di distanza dalla fondazione, e a tre dalla scomparsa del grande direttore, lo spirito originale del progetto resista inalterato, quasi fosse una missione da portare avanti per il Segretario generale Alexander Meraviglia-Crivelli, vero e proprio custode del fuoco, e il suo staff. E non è facile né scontato, in fondo quello delle grandi orchestre è pur sempre un mercato con le sue logiche e i suoi meccanismi, cui sarebbe più facile piegarsi che resistere impugnando un ideale.

Insomma, Abbado è una sorta di padre costituente per la GMJO: egli ne tracciò i confini (anche per se stesso - ricorda Crivelli - impedendo sistematicamente che il progetto potesse diventare una sorta di giocattolo con cui dilettarsi), i caratteri e le regole, disegnò di suo pugno l’identità di quella che non doveva essere solo una macchina musicale perfetta ma ancor prima un modello di progetto artistico e culturale. Un'orchestra "senza padroni" ma aperta ad ogni collaborazione proficua e costruttiva, senza vincoli né case, tenuta insieme dal solo desiderio di fare musica ad altissimo livello. I centododici effettivi sono stati infatti selezionati da una base di partenza di oltre duemilacinquecento candidati, non è un caso che da questo pozzo attingiamo regolarmente le principali orchestre europee per rimpolpare gli organici.

Non di meno, al netto del turnover dei professori e dell'assenza di un direttore stabile, la Jugendorchester ha un suo carattere timbrico ben definito, un suono caldo e pastoso che si rinnova stagione dopo stagione e soprattutto un’energia, quella sì, unica.

Lo sa bene il pubblico del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, che ormai è più di una tappa abituale nell’eremitaggio tra le capitali della musica della Gustav Mahler Jugendorchester, anzi, ne è diventato la vera e propria dimora. Dopo le inaugurazioni delle ultime due stagioni, un’Ottava di Bruckner diretta da Herbert Blomstedt prima e un concerto mahleriano affidato alla bacchetta di Philippe Jordan poi, il rapporto tra il teatro e l’orchestra è evoluto in una collaborazione più solida e profonda, sancita dalla residenza estiva. Ciò significa che la GMJO si è trasferita nella città per una settimana durante la quale ha preparato la tournée estiva, assieme agli artisti che ne prenderanno parte: il direttore Ingo Metzmacher, il pianista Jean-Yves Thibaudet, Valérie Hartmann-Claverie con il suo Ondes Martenot e il direttore assistente Lorenzo Viotti. Il che, com’è evidente, consente di perfezionare la qualità esecutiva delle performance (Thibaudet lo spiega bene: una settimana di prove per preparare un programma è un’occasione unica, impensabile altrove), di cementare il rapporto tra i musicisti, di cesellare, attraverso un lavoro minuzioso e ossessivo di rifinitura, ogni battuta.

Non si pensi tuttavia che il progetto si limiti alla crescita musicale ed artistica dell’orchestra, perché va ben oltre, comportando diverse opportunità collaterali per la città, la regione e soprattutto per il pubblico. Si parla di un paio di concerti diretti dallo stesso Lorenzo Viotti ad Aquileia e Tolmezzo, che ne hanno confermato la statura di interprete, di prove aperte e, nella serata conclusiva della residenza, di una serie di iniziative in piazza, con piccoli ensemble distribuiti nelle vie del centro, oltre chiaramente ai vari incontri incidentali tra il cittadino comune e i musicisti, che per giorni hanno attraversato e vissuto la città. Perché si tratta pur sempre di ragazzi che dopo una giornata di prove hanno voglia di stare insieme, di festeggiare, che nelle pause si gettano nella piazzetta davanti al ridotto per giocare a pallone e si imboscano negli angoli del foyer. Chiaramente tutto ciò dà vita a un clima di entusiasmo che si riflette nella musica e che, unito alla curiosità e alla verginità di esperienze dell’orchestra, si traduce nella possibilità di suonare senza condizionamenti e con la massima disponibilità a sperimentare, scongiurando il rischio di scivolare nella routine, o nella tradizione, che può esserci invece con le grandi orchestre stabili – lo spiega bene Lorenzo Viotti.

Insomma non si tratta di un'iniziativa autoreferenziale né di un mero, benché ambizioso, progetto artistico ma di una visione ben più ampia, che coinvolge la vita culturale della città e del pubblico, un pubblico che è sì giovane e forse talvolta scostante ma che ha voglia di musica, e la curiosità di lasciarsi condurre da un teatro che spalanca le porte e gli va incontro.

Dopo le varie tappe del tour (Bolzano, Salisburgo, Amburgo, Amsterdam, Dresda, Milano…) la GMJO tornerà a Pordenone per un doppio concerto che aprirà la stagione: il 6 settembre con musiche di Schönberg, Gershwin, Bartók e Ravel, il 7 con Turangalila di Messiaen. Pare sia in programma anche un terzo appuntamento, ancora da confermare ufficialmente, in occasione del tour pasquale. Noi ci saremo.



Foto Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone

Foto Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone

Foto Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone
Foto Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone

19 agosto 2017

Il gallo e la tartaruga

Nel grande mosaico della Basilica di Aquileia c’è una scena che ritorna due volte, la raffigurazione della lotta tra un gallo e una tartaruga. Il gallo, che canta il sorgere del sole, rappresenterebbe il Bene, la tartaruga, etimologicamente “abitante del Tartaro”, il Male. Che il male, in senso lato, infiltri il nostro quotidiano è sotto gli occhi di tutti, negli ultimi giorni ancor più del solito. Ci sono però i galli che combattono questi abissi di orrore e lo fanno nell'unico modo possibile, impugnando come arma quella bellezza che è parte della nostra cultura, della nostra identità.

Può darsi che, come scriveva Auden, non ci sia sole d’estate in grado di dissolvere le tenebre diffuse dai giornali, eppure ieri, proprio ad Aquileia, un raggio di luce limpida, incandescente, lo si è visto. Un concerto.

Certo le possenti mura della Basilica non sono fatte per accogliere il suono di un’orchestra sinfonica, che inevitabilmente sbatacchia tra una navata e l’altra con qualche eccesso di rimbombo. Ma sono dettagli, perché lì dentro, seduti alla buona su quel mosaico del IV secolo, si sente qualcosa di più, qualcosa che trascende la musica - suonata peraltro ottimamente dalla Gustav Mahler Jugendorchester diretta da Lorenzo Viotti.



Ascoltavo Viotti per la prima volta ed è stato una rivelazione. Basta l'attacco dell'Incompiuta per capire che, nonostante la giovane età, questo direttore ha un’idea chiara del suono che vuole, il seguito conferma che sa anche sfumare e mescolare i colori senza fratture e che, soprattutto, sa concertare. Il suo Schubert è pennellato ma incalzante, duttile ed equilibrato nelle sonorità ma increspato quel tanto da lasciare intravedere, tra le righe, il futuro che scalcia .

Difficile stabilire fin dove arrivino i meriti del maestro e dove inizino quelli della Gustav Mahler Jugendorchester che si conferma la straordinaria miscela di tecnica ed energia che conoscevamo. I ragazzi della GMJO – a chiamarli “professori d’orchestra” sembra quasi di rubare qualcosa alla loro giovinezza, anche se di fatto lo sono – lavorano insieme da pochi giorni, ma non si direbbe.

Il suono ha corpo ma non pesa, i pianissimi sono eterei e si percepisce, in ogni istante, un senso di verità e una dedizione alla musica assoluti. E poi c’è sempre quel coraggio di suonare “senza rete di protezione” di cui scrissi dopo lo straordinario Maher dello scorso anno. Stare sul podio di fronte a musicisti di questo livello è come cucinare con ingredienti di prima qualità, non possono che uscirne prelibatezze. Infatti lo chef Viotti serve un'ottima cena.

Ci sarebbe anche una Quinta di Mendelssohn di cui parlare, bella, bellissima e soprattutto c’è un Ave Verum Corpus finale che toglie il fiato per la delicatezza e l’intensità che ci mettono tutti. Lo cantano gli stessi musicisti ma, se non me l’avessero detto, avrei giurato si fosse unito a loro un coro di professionisti.

Questa sera si replica a Tolmezzo e nei prossimi giorni sono previste altre iniziative che trovate sul sito del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, dove la GMJO è attesa per la doppia inaugurazione in 6 e 7 settembre.

Paolo Locatelli

2 agosto 2017

Sinfonica in piazza? A Spilimbergo si può

In estate per i giovani musicisti fioccano le opportunità, tra corsi, masterclass, ensemble giovanili, campi scuola e chi più ne ha più ne metta. Opportunità che spesso si rivelano un vantaggio indiretto per il pubblico, che vede l’offerta musicale aumentare vertiginosamente, per di più in un periodo in cui i teatri sono chiusi per ferie.


Guardando solamente al Friuli occidentale si scopre che nell’arco di poche settimane si susseguono i corsi di perfezionamento dell’Istituto Fano, la settimana di lavoro dell’Alma Mahler Kammerorchester a Villa Manin e la residenza estiva della Gustav Mahler Jugendorchester al Verdi di Pordenone. Il tutto si traduce in una serie di concerti e appuntamenti, quasi sempre gratuiti e non di rado di buona qualità.

È il caso appunto del progetto portato avanti dall’Istituto Musicale Guido Alberto Fano che, ormai da diversi anni, organizza un’Accademia di corsi internazionali di perfezionamento che culminano in un doppio concerto: una prima serata veneziana (quest’anno al Malibran), una replica a Spilimbergo, in piazza. Ciò è reso possibile dalla collaborazione con il Teatro La Fenice che “presta” molti professori d’orchestra in veste di docenti prima, di concertisti poi.

Al di là della crescita artistica individuale cui mirano le iniziative di questo tipo, il risultato più sbalorditivo è l’assemblaggio, nell’arco di pochi giorni, di un’orchestra sinfonica vera e propria, composta per lo più da ragazzi che sono spesso digiuni di esperienza nella musica d’insieme (vedere quel violoncellista biondino, che avrà sì e no dieci anni, accanto alla prima parte dell’Orchestra della Fenice è una cosa che riempie il cuore).

Si aggiunga poi che alla prova del palco questa compagine – anzi, sarebbe più corretto parlare di due compagini: l’Orchestra a fiati Alpe Adria, il cui nome suggerisce la composizione prevalente, e l’Orchestra Sinfonica La Macia, rimpolpata negli archi - regge con una qualità e una sicurezza da professionisti.

Merito degli insegnanti che hanno preparato i musicisti, e che accanto a loro si sono seduti a suonare, e merito del maestro José Rafael Pascual Vilaplana, che concerta con scrupolosità e pragmatismo ma senza rinunciare a “fare musica”. Insomma non c’è niente di scolastico o ingessato nella prova dei ragazzi, tutt’altro, e se qua e là si percepisce qualche piccola esitazione, a onor del vero assai poche, la compattezza e la quadratura dell’insieme sono quelle che ci si aspetta da un’orchestra “vera”.

Le Evocazioni di Paul Huber e le Metamorfosi Sinfoniche su temi dalla Terza sinfonia di Saint-Saëns di Philip Sparke, affidate all’orchestra a fiati, aprono il concerto con la giusta baldanza e ci mettono poco a silenziare il vociare dei bar di Piazza Garibaldi. Suono pieno e scintillante, precisione e pulizia, esattezza ritmica, c’è tutto quel che serve.

I brani tratti dalla Bella Addormentata di Čajkovskij, che danno il via alla prova dell’Orchestra Sinfonica, tradiscono un filo di emozione nell’Introduzione ma proseguono in crescendo, tuttavia ciò che colpisce e conquista maggiormente è l’ottimo Bolero di Ravel che segue. Vilaplana lo stacca rapido, ma senza mai perdere un gusto molto “francese” per le nuances dinamiche e la leggerezza; la qualità dei musicisti impegnati come prime parti e del rullante – vera e propria spina dorsale del lavoro – fa il resto.

Non è facile il Bolero, che esige una solidità strutturale, ritmica e musicale, dell’orchestra e una spiccata sensibilità negli interventi solistici, eppure all’Orchestra La Macia riesce benissimo. Il pubblico se ne accorge e chiede il bis. Successo pieno.