18 novembre 2018

Gioventù mia, tu sei morta

Io conobbi questa Bohème - e il signor Carlos Kleiber che sta sul podio - registrandola su un’audiocassetta dalla Filodiffusione. Si sentiva da cani ma prima che internet spopolasse bisognava ingegnarsi in qualche modo. Ci ho pensato qualche giorno fa mentre un elegante signore mi raccontava di quando Kleiber lo invitò a colazione. Tra le altre cose gli disse che il valzer di Musetta dovrebbe esprimere il rimpianto e la malinconia, e anche secondo me è così. Non è forse il finale di Secondo Quadro il momento più straziante dell’opera? È l’ultimo raggio di felicità abbagliante e di spensieratezza, l’estremo respiro di gioventù prima che la vita presenti il conto (Così presto? Chi l’ha richiesto?). Da quel momento inizia la vita vera, quella in cui si deve lavorare per mangiare, in cui ci si scopre mediocri, in cui ci si ammala e si muore. Ficcarlo in un tripudio di bambini e soldati festanti è cosa da puro genio, è una sorta di “sabato del villaggio” all’ennesima potenza.
Il sipario successivo si alza su lattivendole e spazzini che sfidano il gelo per due soldi, il grande pittore è finito a fare l’imbianchino e la cantante dà lezioni ai passeggeri, i due innamorati hanno litigato e lei sta crepando. La bella età di inganni e d’utopie se n’è andata per sempre.



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