14 novembre 2018

Anna Moffo per me

Anna Moffo. Oggi molti giovani la amano, io per primo. Non nel senso che io sia giovane, ma che me ne sono innamorato da ragazzino, al primo ascolto (Musetta), senza nemmeno sapere quanto fosse bella. Difficile dire qualcosa di una cantante mai incontrata dal vivo, ma ci provo. Non penso che la Moffo fosse un genio musicale o di introspezione, non so come suonasse la sua voce a teatro ma immagino che non avesse niente di trascendentale. Eppure.

Andrea Bomben mi faceva notare quanto sia “vera” la sua Butterfly in rapporto alle contemporanee, in particolare alla Scotto (la Callas lasciamola fuori, gioca in un campionato a parte) così sono andato a riascoltarmele. Beh, ha ragione. La Moffo è pulita, asciutta, è sincera di una genuinità adolescenziale. Non matroneggia e non sbrodola mai in “oversinging”, non camuffa la voce, non gonfia, non ricerca colori su colori per sottolineare questa o quella sillaba o per far vedere che "lei sì che sa cantare”. È così com’è. Qualche traccia di birignao e un po’ di polvere ci stanno, d’altronde sono passati 60 anni.
E pensare che la Moffo è sempre stata sminuita proprio per questo suo non avere niente di speciale. Ma non è vero che non avesse niente di speciale, non aveva niente di troppo. Tempo fa mi è capitato di pensare la stessa cosa ascoltando la sua Susanna con Giulini: in mezzo all'ampollosità di Taddei e ai ricami della Schwarzkopf, così adorabilmente fasulli, lei sembra cinquant’anni avanti. Mi immagino gli ormoni del povero Cherubino, di fronte a una bonazza del genere.

Nonostante tutto, è anche l’unica che si avvicina in qualche modo al mio ideale di una Carmen dalla sensualità inconsapevole e dal sorriso disarmante alla Julia Roberts. Peccato che sia arrivata tardi e in un contesto deprimente. Poi ci sarebbero un migliaio di però, sì vabbè, ma, anche se... Ma “L’amo, l’amo e non ragiono!”



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