18 febbraio 2020

Karajan - Ritratto inedito di un mito della musica

Leone Magiera inizia il suo personalissimo, e dunque soggettivo, ritratto di Herbert von Karajan raccontando la propria giovinezza accanto alla ragazza, e poi donna, che li fece conoscere: Mirella Freni, prima moglie dell'autore. Dai bacetti furtivi nell'ultima fila di un cinema, narrati con la stessa dolcezza serena che il vecchio Verdi riserva a Fenton e Nannetta, alla soffitta para-pucciniana di Glyndebourne dove li raggiunse una busta gialla intestata che conteneva la scrittura per quella Bohème scaligera che avrebbe fatto la storia. Il direttore delle Nozze di Figaro in cui lei cantava Susanna, John Pritchard, fino a quel giorno puntiglioso e scostante, si fece improvvisamente affabile e mansueto. Era il potere dell’aura di Karajan. Dove e quando il grande direttore avesse ascoltato la Mirellina, per volerla con sé alla Scala, non lo si è mai saputo, pare che lui amasse travestirsi e intrufolarsi nei teatri sotto mentite spoglie quando voleva ascoltare qualcosa o qualcuno senza farsi riconoscere.



Questo libro non è una biografia né ha la pretesa di esserlo, ma un ulteriore contributo all'iconografia pagana di quello che è stato il direttore d'orchestra più celebre e discusso del secolo scorso, per certi versi è un omaggio a un uomo e artista che Magiera ha conosciuto bene e ammirato ancora di più. Un omaggio che ha il taglio del diario più che della cronaca.

Ci sono diversi aneddoti gustosi, qualche pettegolezzo simpatico e qualcuno pruriginoso (Karajan ne è stato spesso vittima ma non disdegnava nemmeno farsi a sua volta gli affari degli altri), ma ci sono anche alcune osservazioni musicali troppo brevi per esaurire un argomento ma abbastanza intriganti da stimolare la curiosità di approfondire. Insomma è un libro che si beve d'un fiato.

Quel che rimane, girata l’ultima pagina, è una consapevolezza rafforzata: Karajan fu un mistero sfuggente e inafferrabile anche per chi ci lavorò fianco a fianco. Troppo massiccio è il suo contributo e troppo ampia la sua parabola, forse persino eccessive le sue contraddizioni, per sperare di inquadrarlo o risolverlo.

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