16 maggio 2023

La Royal Scottish National Orchestra in tournée

 Benché nell'immaginario comune la Royal Scottish National Orchestra non figuri tra i primi nomi che vengono in mente quando si parla di grandi formazioni, incontrarla dal vivo ne qualifica una statura degna di confronti se non di primissimo ordine, assai prestigiosi. Fondata a fine 1891, l'orchestra scozzese visse il suo massimo momento di gloria a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, quando l'allora direttore principale, il grande Neeme Järvi, allacciò un rapporto con l'etichetta Chandos che le affidò una serie di registrazioni, riconoscendole un risalto internazionale che probabilmente non aveva avuto nemmeno ai tempi di George Szell.

   Dal 2018 a guidare l'orchestra c'è Thomas Søndergård, che ha debuttato sul podio degli scozzesi nel 2009 in sostituzione di Yakov Kreizberg, il compianto fratello di Semyon Bychkov, per diventarne in poco tempo direttore ospite principale. È proprio Thomas Søndergårdad ad accompagnare l'orchestra nello European Spring Tour in corso, inaugurato al Musikverein di Vienna e in transito, unica tappa italiana, al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, prima di proseguire per Lubiana e Vaduz. In viaggio con loro c’è un trio di solisti, Matthias Höfs, Christian Schmitt e Leif Ove Andsnes, protagonista nella data friulana con il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in Re minore, op. 30 di Sergej Rachmaninov.


   Come ricorda Gianni Ruffin nelle note di sala, Rachmaninov rappresentò il più inattuale dei grandi compositori del suo tempo, quasi un epigono fuori tempo massimo del Romanticismo. Il che pone delle questioni esegetiche all’interprete che lo affronta, il quale deve scegliere da che parte schierarsi nel momento in cui si pone di fronte alla pagina: cavalcare il carattere più appassionato o viceversa ricercare i tratti comuni con la contemporaneità? Leif Ove Andsnes, per le sue peculiarità, si pone un po’ a metà strada. Non è il genere di pianista che esaspera il lato sentimentale, ma nemmeno un “analista”. Andsnes ha un pianismo dalla meccanica impressionante, controllatissimo nella scansione, nel suono - che non è soffice ma bello deciso - e un approccio alla pagina energico. Non che la sua robustezza scivoli nell’irruenza, né tantomeno nell’imprecisione, ma sfocia in una determinazione asciutta e pudica del virtuosismo, che benché strumentalmente ineccepibile non è mai marcato o esibito.

   La Sinfonia n.10 in Mi minore di Dmitrij Šostakovič dà viceversa modo a orchestra e direttore di mettere in mostra le rispettive qualità. Se alla prima si riconoscono ottima coesione e un’intelligibilità mai esangue di suono, mirabilmente trasparente ma altresì ben sbalzato in termini di sfumature timbriche e dinamiche, Thomas Søndergård si dimostra esperto concertatore. Bilanciamenti e quadratura sono ben controllati, la precisione di tenuta delle sezioni e d’incastro pressoché irreprensibile, la scorrevolezza narrativa avvincente.


A gusto di chi scrive manca un po’ di umore nel dare una connotazione più marcata alle suggestioni musicali di Šostakovič, che spalancano ora abissi di orrore, ora lampi di ironia, ora distorsioni grottesche, e che Søndergård sembra voler suonare senza mai calcare la mano, ma viceversa ammorbidendo e accomodando. Poco da discutere sulla qualità strumentale dell’orchestra, che infatti si è guadagnata l’accoglienza trionfale del pubblico a fine serata.

   In conclusione una nota personale. Il concerto di cui si è dato conto ha rappresentato l’ultimo appuntamento della stagione (il Don Giovanni previsto per il 4 giugno è saltato) ma anche il congedo del direttore artistico Marco Feruglio, che dopo un decennio abbondante cederà il passo a Fiorenza Cedolins. È giusto riconoscergli i meriti per un lavoro eccezionale, probabilmente sottostimato da una larga fetta del pubblico udinese, che pure ha risposto con entusiasmo e partecipazione all’innalzamento verticale della qualità dell’offerta musicale, forse senza comprenderne fino in fondo la dimensione. La caratura artistica e il prestigio degli ospiti che in questi anni si sono avvicendati sul palco del Teatro Nuovo Giovanni da Udine sono da grande piazza europea e hanno contribuito alla formazione di un pubblico giovane - il teatro ha appena compiuto 25 anni - su standard e aspettative di non facile soddisfazione. Raccoglierne l’eredità sarà una bella sfida.

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