Nel momento in cui si organizza la stagione musicale di un teatro decentrato, o comunque privo di una grande disponibilità di risorse, l'originalità e la competenza nelle scelte diventano lo spartiacque tra il successo e l'insuccesso mentre altrove è possibile sopperire alla mancanza di idee con investimenti più costosi e sicuri. La direzione artistica del Verdi di Pordenone ha intrapreso, in tale materia, una linea molto chiara: esplorare repertori poco frequentati, almeno nel nostro paese, riservando particolare attenzione alla musica antica. Ovviamente ogni ambito musicale, soprattutto se poco noto, necessita di interpreti che siano in grado di valorizzarlo e convincere il pubblico della sua bontà ed in tal senso non possiamo che elogiare le proposte del teatro pordenonese, considerando la qualità ed il prestigio di molti degli specialisti che ne hanno calcato recentemente il palcoscenico.
Il concerto del Trevor Pinnock Trio, appuntamento in cartellone per la stagione cameristica, è un'ulteriore tappa in questo percorso di approfondimento del repertorio antico. Trevor Pinnock, clavicembalista e direttore d'orchestra, è una figura di indiscutibile grandezza nell'ambito della musica antica e, alla prova dei fatti, artista che unisce alla cultura musicale e tecnica un'intelligenza fuori dal comune. Lo dimostrano il suo approccio alla materia e la capacità nel mediare tra le conquiste della filologia ed il gusto moderno: bellezza e rotondità del suono, nonostante gli strumenti antichi, uso moderato del vibrato negli archi, chiarezza dell'esposizione senza scadere nell'accademismo. Due ottimi musicisti completano la formazione: Matthew Truscott (violino) e Jonathan Manson (viola da gamba).
Colpisce molto l'affiatamento dei tre solisti, la reciproca conoscenza è più che evidente così come lampante è la complementarietà delle personalità artistiche: Pinnock ha un approccio alla musica apollineo, estremamente limpido ed elegante, Manson viceversa pare più estroso nelle scelte cromatiche e nei fraseggi, Truscott inserisce una nota dionisiaca e virtuosistica all'insieme. L'esito complessivo del concerto supera di gran lunga la somma delle individualità, capaci di dialogare e fondersi tra loro con mirabile equilibrio nei lavori di Telemann, Rameau e Leclair in programma. Non c'è, nel Trevor Pinnock Trio, quell'approccio violento e rockettaro di molti specialisti della musica barocca, fatto di esasperazione dei contrasti dinamici e sonorità taglienti ma un gusto molto più levigato, un lavoro sulle sfumature, sulla trasparenza e sul controllo, a momenti forse fin troppo metronomico, dell'agogica. Le due sonate di Johann Sebastian Bach in particolare, Sonata n. 6 in Sol maggiore per violino e cembalo BWV 1019 e Sonata n. 1 in Sol maggiore per viola da gamba e cembalo BWV 1027, sono caratterizzate da un prodigioso rigore ritmico che consente di apprezzarne pienamente la scrittura contrappuntistica; ammirevole, nella seconda, la bellezza delle sonorità prodotte dalla viola da gamba di Manson.
Nel Lamento sopra la dolorosa perdita della Real Maestà di Ferdinando IV - dalla Suite XII in Do maggiore per cembalo di Johann Jakob Froberger Pinnock riesce a trovare un'intensità espressiva per nulla esteriore, lavorando sulla delicatezza del tocco e sulla purezza del suono. Il solo brano di apertura, la Sonata op.1 n. 6 in re minore per violino, viola da gamba e continuo BuxWV 257 di Dietrich Buxtehude, evidenzia qualche minima imprecisione di intonazione e qualche secchezza di troppo. Travolgente, tra i bis, l'esecuzione di Tambourin di Rameau.
Ottima l'accoglienza del pubblico che ha lungamente applaudito i tre musicisti.
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