28 marzo 2015

Gran Partita

La Serenata in Si bemolle maggiore K 361 “Gran Partita”, oltre ad essere uno dei più fulgidi esempi della fertilità creativa e del genio mozartiano, è da sempre avvolta in un alone di mistero e chiacchiericcio che, sin dalla discussa genesi, ne accresce il fascino. Ad oggi risultano sconosciuti sia l'epoca esatta di composizione, verosimilmente i primi anni ottanta del Settecento, sia la destinazione (Georg Nikolaus von Nissen sostiene fosse stata scritta come dono di nozze per la moglie Constanze); la stessa annotazione “Gran Partita”, rintracciabile in partitura, è sicuramente apocrifa. Più di recente, l'elogio dell'Adagio (terzo movimento) che Peter Shaffer mette in bocca a Salieri nel suo dramma teatrale Amadeus – poi ripreso dal celebre film di Forman – ha rinvigorito l'interesse per questo lavoro presso il grande pubblico, ergendolo ad esempio del magistero compositivo di Mozart.

Al di là di tali considerazioni, che riguardano il costume piuttosto che l'arte, è innegabile che la Serenata Gran Partita - assieme alle Serenate K 375 e K 388 - sia una tappa imprescindibile nell'evoluzione del linguaggio musicale per quanto riguarda questo specifico repertorio, sia per il pregio assoluto della composizione, sia per le novità che introdusse per i complessi a fiato: ampliamento dell'organico, espansione della durata complessiva e dei singoli movimenti.

Nella foltissima e variegata offerta musicale del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, il concerto interamente mozartiano de La Rinnovata Accademia dei Generosi, affiancata dal prestigioso corno di Guido Corti e dal pianista Alexandar Madžar, ha reso un degno tributo al compositore salisburghese.

Una convincente esecuzione del Quintetto per pianoforte e fiati K 452 apriva il concerto: sul tessuto delicato e trasparente ordito da Madžar si muovevano con sensibilità e cognizione stilistica i solisti dell'accademia (notevole c'è parsa, su tutte, la prova dell'oboe) e Corti, capace di trarre dal corno sonorità dolcissime, con dinamiche impalpabili.

Buona anche la prova offerta nella Serenata in Si bemolle maggiore K 361; accanto al nitore timbrico dei tredici strumenti sul palcoscenico, ammirevoli per equilibrio e pulizia, si è tuttavia avvertita la mancanza di un più sentito abbandono alla cantabilità, principalmente nei movimenti lirici (Adagio e Romanza). Convincevano completamente i passaggi brillanti, in particolare il sesto movimento (Tema e variazioni. Andantino) veniva risolto con sorprendente ricchezza di sfumature. Eccellente l'esecuzione strumentale, al di là di qualche minima imperfezione dei corni.

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