È uno Schumann tormentato e irrequieto quello di Maurizio Baglini ma senza le pose o i grandi sentimenti dello stereotipo romantico. Baglini non sente il bisogno di esteriorizzare una Sehnsucht che è intima, celata tra le pieghe della partitura e che non necessita di forzature o lenti d'ingrandimento per emergere, né avverte la necessità di mitigare o addolcire le asperità della scrittura schumanniana. Non c'è struggimento ma disagio, un'instabilità più affettiva (in senso propriamente patologico) che emozionale, che erompe con forza dalla musica. In fondo i problemi di salute psichica di Schumann sono cosa nota e non c'è ragione di pensare che la sua produzione non ne fosse influenzata. Dalla polifonia frammentaria e nervosa delle Sonate per pianoforte n. 1 e 2 scaturisce un ritratto del compositore che ne restituisce appieno la fragilità psicologica – molto interessanti a proposito le considerazioni stilate dallo stesso Baglini nelle note introduttive all'incisione circa le molteplici personalità compositive di Schumann.
Baglini scansa quel gusto, più o meno di maniera, che porta a mitigare i contrasti spostando l'asse espressivo verso la malinconia o la tenerezza, ma punta dritto verso un sentire moderno. Si avverte un'irrequietezza, un inesausto disagio nevrotico celato sotto alla brillantezza del suono inconfondibile del Fazioli. Già l'attacco della Sonata n.2 in sol minore, Op.22 esprime una tensione angosciosa che si manterrà a livelli altissimi per tutta la durata dell'incisione; anche i momenti più distesi (il Lied della Sonata n. 1 in fa diesis minore, op. 11 o l'Andantino della Seconda) non scansano mai completamente questa irrequietezza.
Costa infatti una certa fatica l'ascolto di questa incisione perché l'interprete non allenta mai la morsa né pare intravedere nei lavori in questione alcunché di consolatorio o rasserenante, ammesso e non concesso che qualcosa del genere in Schumann vi sia davvero.
Inutile ripetere considerazioni note in merito alla tecnica d'alta scuola di Baglini che qui, ancor più che in altre occasioni, è mezzo espressivo e mai fine. Se è lecito pretendere da una registrazione in studio la perfezione esecutiva - che ovviamente c'è - non altrettanto scontate sono la ricchezza di colori e sfumature e soprattutto l'originalità nell'articolazione.
Eccellente la qualità della registrazione, da standard DECCA.
In programma per i prossimi anni un'integrale pianistica schumanniana che, a quanto si ascolta in questa prima tappa, si annuncia molto interessante.
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