A metà agosto Pordenone è stata invasa da un'orda di musicisti giovani e belli. Si tratta di un grande progetto che - si spera - proseguirà anche nei prossimi anni: la residenza artistica della Gustav Mahler Jugendorchester. Musica ovunque, performance in piazza, prove aperte al pubblico, due concerti in giro per il Friuli (ne scrivo qui) e molto altro, in attesa della doppia inaugurazione del 6 e 7 settembre.
La Gustav Mahler Jugendorchester nacque nel 1986 da un'intuizione visionaria di Claudio Abbado. Il crollo del muro di Berlino era di là da venire e l'Europa, benché pervasa da un'aria nuova, reggeva ancora su due piedi separati da un oceano e al suo interno era spezzata da una linea ininterrotta di frontiere. In questo quadro va collocata l'idea di istituire un'orchestra che unisse giovani musicisti provenienti da ogni angolo del continente (oggi sono ventidue le nazioni rappresentate), per trovare i denominatori comuni tra culture cugine e confinanti, partendo proprio dal più universale tra i linguaggi: la musica.
Non sorprende che a oltre trent’anni di distanza dalla fondazione, e a tre dalla scomparsa del grande direttore, lo spirito originale del progetto resista inalterato, quasi fosse una missione da portare avanti per il Segretario generale Alexander Meraviglia-Crivelli, vero e proprio custode del fuoco, e il suo staff. E non è facile né scontato, in fondo quello delle grandi orchestre è pur sempre un mercato con le sue logiche e i suoi meccanismi, cui sarebbe più facile piegarsi che resistere impugnando un ideale.
Insomma, Abbado è una sorta di padre costituente per la GMJO: egli ne tracciò i confini (anche per se stesso - ricorda Crivelli - impedendo sistematicamente che il progetto potesse diventare una sorta di giocattolo con cui dilettarsi), i caratteri e le regole, disegnò di suo pugno l’identità di quella che non doveva essere solo una macchina musicale perfetta ma ancor prima un modello di progetto artistico e culturale. Un'orchestra "senza padroni" ma aperta ad ogni collaborazione proficua e costruttiva, senza vincoli né case, tenuta insieme dal solo desiderio di fare musica ad altissimo livello. I centododici effettivi sono stati infatti selezionati da una base di partenza di oltre duemilacinquecento candidati, non è un caso che da questo pozzo attingiamo regolarmente le principali orchestre europee per rimpolpare gli organici.
Non di meno, al netto del turnover dei professori e dell'assenza di un direttore stabile, la Jugendorchester ha un suo carattere timbrico ben definito, un suono caldo e pastoso che si rinnova stagione dopo stagione e soprattutto un’energia, quella sì, unica.
Lo sa bene il pubblico del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, che ormai è più di una tappa abituale nell’eremitaggio tra le capitali della musica della Gustav Mahler Jugendorchester, anzi, ne è diventato la vera e propria dimora. Dopo le inaugurazioni delle ultime due stagioni, un’Ottava di Bruckner diretta da Herbert Blomstedt prima e un concerto mahleriano affidato alla bacchetta di Philippe Jordan poi, il rapporto tra il teatro e l’orchestra è evoluto in una collaborazione più solida e profonda, sancita dalla residenza estiva. Ciò significa che la GMJO si è trasferita nella città per una settimana durante la quale ha preparato la tournée estiva, assieme agli artisti che ne prenderanno parte: il direttore Ingo Metzmacher, il pianista Jean-Yves Thibaudet, Valérie Hartmann-Claverie con il suo Ondes Martenot e il direttore assistente Lorenzo Viotti. Il che, com’è evidente, consente di perfezionare la qualità esecutiva delle performance (Thibaudet lo spiega bene: una settimana di prove per preparare un programma è un’occasione unica, impensabile altrove), di cementare il rapporto tra i musicisti, di cesellare, attraverso un lavoro minuzioso e ossessivo di rifinitura, ogni battuta.
Non si pensi tuttavia che il progetto si limiti alla crescita musicale ed artistica dell’orchestra, perché va ben oltre, comportando diverse opportunità collaterali per la città, la regione e soprattutto per il pubblico. Si parla di un paio di concerti diretti dallo stesso Lorenzo Viotti ad Aquileia e Tolmezzo, che ne hanno confermato la statura di interprete, di prove aperte e, nella serata conclusiva della residenza, di una serie di iniziative in piazza, con piccoli ensemble distribuiti nelle vie del centro, oltre chiaramente ai vari incontri incidentali tra il cittadino comune e i musicisti, che per giorni hanno attraversato e vissuto la città. Perché si tratta pur sempre di ragazzi che dopo una giornata di prove hanno voglia di stare insieme, di festeggiare, che nelle pause si gettano nella piazzetta davanti al ridotto per giocare a pallone e si imboscano negli angoli del foyer. Chiaramente tutto ciò dà vita a un clima di entusiasmo che si riflette nella musica e che, unito alla curiosità e alla verginità di esperienze dell’orchestra, si traduce nella possibilità di suonare senza condizionamenti e con la massima disponibilità a sperimentare, scongiurando il rischio di scivolare nella routine, o nella tradizione, che può esserci invece con le grandi orchestre stabili – lo spiega bene Lorenzo Viotti.
Insomma non si tratta di un'iniziativa autoreferenziale né di un mero, benché ambizioso, progetto artistico ma di una visione ben più ampia, che coinvolge la vita culturale della città e del pubblico, un pubblico che è sì giovane e forse talvolta scostante ma che ha voglia di musica, e la curiosità di lasciarsi condurre da un teatro che spalanca le porte e gli va incontro.
Dopo le varie tappe del tour (Bolzano, Salisburgo, Amburgo, Amsterdam, Dresda, Milano…) la GMJO tornerà a Pordenone per un doppio concerto che aprirà la stagione: il 6 settembre con musiche di Schönberg, Gershwin, Bartók e Ravel, il 7 con Turangalila di Messiaen. Pare sia in programma anche un terzo appuntamento, ancora da confermare ufficialmente, in occasione del tour pasquale. Noi ci saremo.
Foto Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone |
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