19 agosto 2017

Il gallo e la tartaruga

Nel grande mosaico della Basilica di Aquileia c’è una scena che ritorna due volte, la raffigurazione della lotta tra un gallo e una tartaruga. Il gallo, che canta il sorgere del sole, rappresenterebbe il Bene, la tartaruga, etimologicamente “abitante del Tartaro”, il Male. Che il male, in senso lato, infiltri il nostro quotidiano è sotto gli occhi di tutti, negli ultimi giorni ancor più del solito. Ci sono però i galli che combattono questi abissi di orrore e lo fanno nell'unico modo possibile, impugnando come arma quella bellezza che è parte della nostra cultura, della nostra identità.

Può darsi che, come scriveva Auden, non ci sia sole d’estate in grado di dissolvere le tenebre diffuse dai giornali, eppure ieri, proprio ad Aquileia, un raggio di luce limpida, incandescente, lo si è visto. Un concerto.

Certo le possenti mura della Basilica non sono fatte per accogliere il suono di un’orchestra sinfonica, che inevitabilmente sbatacchia tra una navata e l’altra con qualche eccesso di rimbombo. Ma sono dettagli, perché lì dentro, seduti alla buona su quel mosaico del IV secolo, si sente qualcosa di più, qualcosa che trascende la musica - suonata peraltro ottimamente dalla Gustav Mahler Jugendorchester diretta da Lorenzo Viotti.



Ascoltavo Viotti per la prima volta ed è stato una rivelazione. Basta l'attacco dell'Incompiuta per capire che, nonostante la giovane età, questo direttore ha un’idea chiara del suono che vuole, il seguito conferma che sa anche sfumare e mescolare i colori senza fratture e che, soprattutto, sa concertare. Il suo Schubert è pennellato ma incalzante, duttile ed equilibrato nelle sonorità ma increspato quel tanto da lasciare intravedere, tra le righe, il futuro che scalcia .

Difficile stabilire fin dove arrivino i meriti del maestro e dove inizino quelli della Gustav Mahler Jugendorchester che si conferma la straordinaria miscela di tecnica ed energia che conoscevamo. I ragazzi della GMJO – a chiamarli “professori d’orchestra” sembra quasi di rubare qualcosa alla loro giovinezza, anche se di fatto lo sono – lavorano insieme da pochi giorni, ma non si direbbe.

Il suono ha corpo ma non pesa, i pianissimi sono eterei e si percepisce, in ogni istante, un senso di verità e una dedizione alla musica assoluti. E poi c’è sempre quel coraggio di suonare “senza rete di protezione” di cui scrissi dopo lo straordinario Maher dello scorso anno. Stare sul podio di fronte a musicisti di questo livello è come cucinare con ingredienti di prima qualità, non possono che uscirne prelibatezze. Infatti lo chef Viotti serve un'ottima cena.

Ci sarebbe anche una Quinta di Mendelssohn di cui parlare, bella, bellissima e soprattutto c’è un Ave Verum Corpus finale che toglie il fiato per la delicatezza e l’intensità che ci mettono tutti. Lo cantano gli stessi musicisti ma, se non me l’avessero detto, avrei giurato si fosse unito a loro un coro di professionisti.

Questa sera si replica a Tolmezzo e nei prossimi giorni sono previste altre iniziative che trovate sul sito del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, dove la GMJO è attesa per la doppia inaugurazione in 6 e 7 settembre.

Paolo Locatelli

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