20 ottobre 2015

Stanislav Kochanovsky e l’Orchestra Giovanile Italiana al Verdi di Pordenone

Segnatevi il nome di Stanislav Kochanovsky perché ne sentiremo parlare. Classe 1981 e un curriculum già notevole, anche se non da primo della classe, ma soprattutto un talento fuori dal comune e tanta qualità. 
C’è senz’altro molta scuola russa nel suo modo di dirigere: sia nel fraseggiare, sia nei colori (quei violoncelli!), sia nel gesto – impossibile vederlo sul podio e non pensare a Vladimir Jurowski – pertanto pare indovinatissima la scelta di affidargli un programma che in quel mondo pesca a piene mani. E il maestro sa dar vita e poesia alla musica trovando il giusto compromesso tra il rigore ritmico e la cantabilità, soprattutto in un Prokof’ev barbaro e primordiale ma elettrizzante, nonostante la selezione di brani dalle Suite dal balletto Romeo e Giulietta sia assemblata con logica sfuggente. Più ordinario ma non privo di fascino e cura il suo Rachmaninov.



L’Orchestra Giovanile Italiana, a dispetto dell’età dei musicisti, si rivela compagine di notevole duttilità e, indirettamente, lascia pensare che Kochanovsky sia anche un eccellente preparatore musicale. Certo ci sono ancora alcuni limiti che si palesano soprattutto nella qualità dei forti, spesso grossi e poco brillanti, ma la bellezza dei pianissimi e soprattutto la varietà di colori cui i musicisti sanno piegarsi farebbero invidia a compagini di maggior esperienza e blasone. 
Giova senz’altro all’orchestra l’abilità tecnica del direttore, capace di riprendere in un istante la minima incertezza, levigare gli equilibri, suggerire e, all’occorrenza, tirare il freno laddove non si possa permettere certi scarti brucianti o un’eccessiva libertà nel modellare l’agogica (l’apertura delle Danze sinfoniche op. 45 di Sergej Rachmaninov è in tal senso emblematica).

Buon successo di pubblico, ultima replica questa sera (20 ottobre) al Teatro della Pergola di Firenze.

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