Rigoletto, lavoro tra i più noti ed amati dal pubblico, è andato in scena a Udine il 5 e il 7 luglio per l’ormai consueto appuntamento con l’opera lirica promosso dal progetto culturale “Il Carro di Tespi”. Dopo le date udinesi lo spettacolo verrà replicato in altre località regionali e non tra cui Pordenone, Venzone, Fagagna, Gorizia e Zara.
Lo spettacolo, inizialmente destinato ad un’esecuzione all’aperto è invece andato in scena al Palasport Carnera. Il buon senso avrebbe suggerito che tale spostamento comportasse lo spegnimento dell’impianto di amplificazione che, se in una piazza può evitare che il suono si disperda, in un luogo chiuso compromette pesantemente la riuscita musicale e teatrale dell’opera. L’amplificazione pone una pesante ipoteca sulla riuscita della recita poiché azzera le dinamiche, normalizza i volumi e peggio ancora, crea una divergenza tra lo svolgimento dell’azione e la provenienza del suono in modo da far sembrare solisti e coro dei mimi doppiati.
L’allestimento è tradizionale nelle scene create dagli studenti dell’Istituto d’Arte “G.Sello” e nella regia di Giampaolo Zennaro che talora è parsa lasciata all’iniziativa dei solisti, almeno questo verrebbe da pensare data la diversa disinvoltura e cognizione con cui gli stessi si muovevano sul palcoscenico. Inserita nella medesima tradizione è stata l’esecuzione musicale, completa di tutti gli acuti e gli effetti non scritti da Verdi che sortiscono sempre sicuro effetto sul pubblico, tuttaltro che fuoriluogo in un simile contesto.
Più che buone le prove dei solisti principali. Protagonista era il baritono Vasile Chisiu, Rigoletto di impostazione tradizionale, sicuro nel canto benchè avaro di colori. Eccellente la prova del tenore Ivan Magrì nei panni del Duca di Mantova, parte impegnativa affrontata con sicurezza e spavalderia. Il cantante siciliano ha dimostrato di possedere vocalità adatta al ruolo cui ha offerto fraseggio appropriato e convincente espressività. Corretta la Gilda di Linda Kazani dotata di voce squillante, sicura nel registro acuto messo alla frusta dalla scrittura verdiana e buona tecnica di canto mentre è apparsa piuttosto impacciata nella recitazione. Bravo lo Sparafucile di Abramo Rosalen, non memorabili le parti di fianco.
Positiva la prova dell’Orchestra Filarmonica diretta da Alfredo Barchi che ha saputo evitare eccessivi clangori ed effetti bandistici optando per una lettura attenta alle esigenze del palcoscenico. Il maestro è inoltre riuscito a bilanciare adeguatamente orchestra e cantanti nonostante l’impianto di amplificazione privilegiasse sfacciatamente questi ultimi. Al pari lodevole la prova del Coro Filarmonica diretto da Giuliano Fabbro.
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