18 ottobre 2021

Note su note: la Seconda definitiva di Blomstedt

Nel pantheon dei “grandi vecchi” del podio, affollato di giganti dalle personalità più diverse, Herbert Blomstedt fa storia a sé. Nato nel Massachusetts da genitori svedesi, europeo per radici e formazione, ha rappresentato per decenni il prototipo della bacchetta “all’americana” capace di macinare repertorio di ogni genere, preparare solidamente un’orchestra e reggerne con autorità le sorti. Un routiner di lusso, si sarebbe detto, semplificando e mancando di rispetto a una sensibilità musicale d’eccezione. E soprattutto sbagliando, perché quello che l’ormai novantatreenne Blomstedt è stato capace di raggiungere negli ultimi lustri di una carriera tutt’ora gloriosamente in corso ha del prodigioso. Chi non ci crede provi a confrontare i due cicli delle sinfonie di Beethoven, il primo inciso con la Staatskapelle Dresden negli anni ‘80, l’ultimo una manciata d’anni fa con la Gewandhausorchester. Li separa un abisso.

Non manca della grandezza di un musicista giunto all’estrema maturazione questa Seconda di Brahms registrata per Pentatone, che segue una Prima pubblicata pochi mesi fa e si spera preceda le due restanti. Un Brahms sorgivo e spontaneo, ora pennellato con tenerezza, ora infiammato dall’entusiasmo di un ragazzino-novantenne capace di vivificare il discorso musicale senza sofisticarlo inutilmente. Non c’è prosopopea ma autentica sostanza in questo Brahms, impreziosita da una densità di colore che, pur intenso, non diviene mai melmoso.





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