25 novembre 2019

Pletnev e Karabits

Nel Concerto n. 1 op. 23 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij, Kirill Karabits fa la fine del proverbiale vaso di terracotta tra i due di ferro. Dinnanzi a lui c'è la Russian National Orchestra, alla sua sinistra un colosso come Mikhail Pletnev, che dell'orchestra è fondatore e padre padrone. La sensazione è che il pianista diriga per interposta persona, accomodandosi l’accompagnamento – o almeno provandoci – secondo i propri concetti. Appena le mani si staccano dalla tastiera, Pletnev suggerisce, batte, richiama i professori a fraseggi più espressivi e “russi”, prova a tirarsi dietro la musica. L’esito è curioso ma straniante: da un lato c’è un pianista “vecchio stile” che sa quel che vuole e come ottenerlo, sul podio un giovane che sembra volersi rendere trasparente per non intralciare, quasi il suo compito fosse replicare una base preregistrata su cui Pletnev possa scatenare il proprio istinto musicale. Che è ancora quello dell’artista di razza, anche se a tratti la sicurezza con cui padroneggia la materia tradisce quasi un sentore di svogliatezza, o quantomeno di routine d’alto profilo. Però il controllo della dinamica è ancora prodigioso, il suono è tanto ma mai confuso, le mani bilanciatissime e l’opera di  Čajkovskij ormai interiorizzata a tal punto da volgere a un’asciuttezza quasi mistica.



Che Kirill Karabits abbia ben altra personalità diventa evidente allorché Pletnev si congeda, lasciandolo solo con l’orchestra per la Scheherazade di Rimskij-Korsakov, che infatti riesce con tutt’altra esuberanza e tempra. Un po’ effettistica senza dubbio, con ottoni trionfali e concertazione non sempre limpidissima, ma trascinante. L’orchestra ha ottimi archi, legni superbi – quello che fa il primo oboe quando riprende il tema del fagotto nel secondo tempo ha del prodigioso –, mentre gli ottoni si lasciano talvolta distrarre o sopraffare dall’impeto. Riesce difficile invece capire le ragioni per cui la spalla della prima parte di concerto si accomodi alla seduta del concertino lasciando gli interventi del violino solo a un più anziano collega che, colto forse in serata non felicissima, sbrodola parecchio.

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