5 aprile 2016

La Butterfly di Chung al Teatro La Fenice

Ogni apparizione di Myung-Whun Chung al Teatro La Fenice non manca di lasciare il segno. La ripresa della Madama Butterfly di Àlex Rigola (regia) e Mariko Mori (scene e costumi), già recensita in occasione del debutto, non solo coincide con una prestazione musicale di prim'ordine ma soprattutto si traduce in una rivitalizzazione di uno spettacolo che, all'esordio e alle successive proposte, qualche perplessità l'aveva lasciata.


Chung disegna una regia musicale di straordinaria raffinatezza che si adatta come un guanto al palcoscenico, esaltando quell'essenzialità di scene e gesti che caratterizza lo spettacolo. Il suono orchestrale è costantemente delicato e terso, non c'è passaggio che esca dalla buca forzato o confuso, dal pianissimo più impalpabile ai forti, sempre brillanti e compatti. La gestione dell'agogica è estremamente intelligente perché rinuncia a moltissimi dei vezzi di tradizione, riuscendo ad unire a una sostanziale fedeltà al dettato scritto una sottile flessibilità che ammanta di poesia la musica.

L'Orchestra della Fenice lo segue al millimetro, riuscendo a esprimere sonorità limpide e levigate, intrinsecamente bellissime e perfettamente calibrate negli equilibri interni sicché ogni inciso, ogni voce esposta, riesce ad emergere da un tessuto trasparente con naturalezza sorprendente.

Il cast, rispetto a quanto si ascolta dalla buca, vola meno alto ma offre comunque più d'una ragione di interesse. Vittoria Yeo è una cantante dalla risorse tecniche ragguardevoli che le consentono di risolvere il canto con correttezza ed omogeneità di emissione: la voce è salda in ogni registro, l'intonazione sempre precisa. Tuttavia manca ancora qualcosa sia in termini di peso specifico, soprattutto nei passaggi che sollecitano maggiormente la drammaticità, sia nell'approfondimento del fraseggio e dei colori che tendono all'uniformità.

Vincenzo Costanzo ha qualche impaccio nella proiezione della voce e nel legato ma riesce a tratteggiare un Pinkerton credibile per baldanza e spontaneità. Luca Grassi è uno Sharpless dalla vocalità solida e timbrata cui si potrebbe chiedere solamente una maggiore attenzione ai dettagli nel canto di conversazione. Si conferma ad alti livelli Manuela Custer, Suzuki intensa e musicalmente irreprensibile. Molto buona la prestazione di Luca Casalin, Goro.

Le parti minori sono tutte all'altezza della situazione ma meritano una menzione il solido Yamadori di William Corrò e l'autorevole Zio Bonzo di Cristian Saitta.

Il coro preparato da Claudio Marino Moretti è sempre una garanzia di eccellenza.

A fine recita franco successo per tutti con ovazioni all'indirizzo di Chung.

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