La Konzerthausorchester di Berlino è poco nota al pubblico italiano, surclassata per fama ed accesso al mercato discografico dalle compagini germaniche più antiche e blasonate. Sorprende non poco scoprire, all'ascolto dal vivo, che si tratta di un'orchestra, se non di primissimo livello, dalle mirabili qualità, priva di debolezze eclatanti e tecnicamente solida. Il concerto che l'orchestra berlinese ha tenuto al Giovanni da Udine, guidata da Michael Sanderling, si è rivelato l'ennesima conferma in merito alla bontà della stagione musicale del teatro. Aggiungeva fascino alla serata la presenza del bravo Martin Helmchen, giovane pianista dalle indiscutibili doti di virtuoso che spalleggiava la Konzerthausorchester in un programma interamente dedicato alla musica russa del XX secolo.
La Suite n. 1 da Cenerentola op. 107 di Sergej Prokof'ev è risultata il momento più debole della serata: non che si sia trattato di un'esecuzione mediocre, tutt'altro, l'orchestra ha suonato con precisione e buona varietà di dinamiche. Non altrettanto varia risultava la gamma di sfumature cromatiche e soprattutto agogiche, a causa d'un podio talvolta incline ad eccedere nel rigore metronomico (in particolar modo nel Walzer).
Martin Helmchen dava del Concerto n. 2 in sol minore op. 16 per pianoforte e orchestra di Sergej Prokof'ev una lettura estroversa ed epidermica, convincente per brillantezza e luminosità del suono ma poco incline all'approfondimento. Il pianista giocava le sue carte migliori nel rigore ritmico, tradotto in scansione bruciante, grazie ad un approccio vigoroso alla scrittura ma mai pesante, fluido e brillante. La povertà dei colori tuttavia faceva sì che alla lunga l'esaltazione per il virtuosismo tecnico lasciasse spazio a qualche perplessità circa la monotonia del disegno interpretativo. L'orchestra sosteneva il pianoforte con buona qualità di suono ma non senza sbavature ritmiche nell'accompagnamento.
La seconda porzione di concerto, dedicata alla Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 di Dmitrij Šostakovič, si collocava su livelli superiori, probabilmente in virtù di una maggiore confidenza dell'orchestra con il lavoro in programma. Sanderling ne esaltava lo spirito per così dire reazionario, accentuandone il lato più tragico e serioso piuttosto che ricercarvi gli stilemi propriamente novecenteschi, in termini di impasti timbrici e sottolineature armoniche. Ne usciva una lettura coerente e compiuta, retta senza cedimenti nel suo sviluppo. Il largo del terzo movimento ad esempio, pur staccato con un tempo molto lento, era sostenuto alla perfezione ed impreziosito da dinamiche leggerissime. L'impostazione interpretativa comportava necessariamente la rinuncia a qualcosa in termini di grottesco, di esaltazione dei contrasti, a sfiorare soltanto le novità di scrittura che un approccio più analitico avrebbe messo altrimenti in luce.
Molto buona l'accoglienza del pubblico udinese che ha salutato gli artisti con applausi calorosi.
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