22 agosto 2019

Tobias Wögerer si racconta

I primi due direttori assistenti della Gustav Mahler Jugendorchester furono in ordine di tempo Franz Welser-Möst e Manfred Honeck, l'ultimo, anzi penultimo, Lorenzo Viotti, che poi da quel nido ha spiccato il volo in un battibaleno. Ora questa posizione è nelle mani e nella bacchetta di Tobias Wögerer, ventottenne austriaco “scoperto” dallo stesso Welser-Möst, un ragazzo che farà parlare di sé. Nasce violoncellista e si innamora un poco alla volta del podio, ma soprattutto è uno che sul podio ci sa stare: sa cosa chiedere e come ottenerlo, sa spaccare il capello in quattro ma anche stemperare. In questi giorni sta preparando l’orchestra per Herbert Blomstedt, che guiderà la tournée estiva.

Ha già lavorato con lui?

No. Ci siamo sentiti un paio di settimane fa per discutere alcuni dettagli musicali sul repertorio in programma, poi ho ascoltato la sue registrazioni per farmi un’idea sui tempi e l’impronta da seguire in generale.



Come si diventa direttori d’orchestra?

Intorno ai 16-17 anni ho iniziato a subire il fascino della musica classica e ad interessarmi alla direzione. Ho divorato i video dei grandi direttori del passato e pian piano sono entrato in questo mondo. Poi, un po’ per caso, ho avuto l’opportunità di guidare l’orchestra e il coro della mia scuola e così, passo dopo passo, ho potuto farmi un’esperienza. Quando ho capito che questa era la mia strada e che potevo farlo come lavoro mi sono spostato a Weimar per studiare.

Insomma mi sembra di capire che i grandi del passato l’abbiano ispirata.

Ovviamente tengo a modello i vari Kleiber, Karajan, Bernstein ma anche alcuni direttori d’oggi per me sono fondamentali. Ho un legame speciale con Franz Welser-Möst, con cui condivido tra l’altro la città natale, ma anche molti altri.

Ha avuto modo di fare da assistente a qualche grande direttore?

No, non ancora, ma cantando nel Wiener Singverein ho potuto lavorare sotto la guida di grandissimi musicisti come Riccardo Muti, Mariss Jansons o Christian Thielemann e si impara molto anche così, stando dall’altra parte e osservandoli.

Come ci si relaziona con un’orchestra?

Per me è fondamentale il rispetto. Chi sta seduto di fronte a me è un professionista e io parto da questo principio. Quando suonavo il violoncello ricordo cosa provassi nel lavorare con un direttore, dunque ci penso spesso. Il mio obiettivo è portare tutti a remare verso un’unica direzione, non forzare od impormi.

Immagino sia diverso lavorare con un’orchestra come la GMJO che nasce da zero in pochi giorni rispetto a una formazione stabile.

Sì, lo è decisamente. Centodieci musicisti da tutta Europa, con esperienze e culture diverse, hanno bisogno di tempo per conoscersi e imparare ad ascoltarsi, in modo da creare un suono omogeneo. Direi che è questo il mio obiettivo principale come assistant conductor: catalizzare tale processo e dare un’identità all’orchestra.

Non le nascondo di essere rimasto impressionato da com’è riuscito in un paio di giorni a sgrezzare il suono dell’orchestra e dargli un carattere.

È speciale anche per me osservare la crescita verticale dell’orchestra, giorno dopo giorno, ma la ragione per cui ciò avviene è la volontà ferrea e la motivazione dei musicisti qui presenti. Hanno un’energia incredibile, proviamo anche sette, otto ore al giorno eppure non sono mai stanchi né cedono, anzi, hanno la voglia di migliorare continuamente.

Non voglio essere frainteso, ma lei non sembra un giovane direttore. Non cerca l’effetto facile o l’energia trascinante, ma va nel dettaglio, lavora sulla piccola finezza. Cosa ne pensa?

Io cerco di raccontare una storia o di esprimere dei sentimenti, il mio obiettivo è far sì che la musica esprima qualcosa ed è un approccio che ho anche nei confronti del gesto, che dev’essere un mezzo e non un fine: il gesto in sé non ha importanza, purché sia chiaro e comprensibile a tutti, la cosa fondamentale è che si traduca in un determinato suono e che porti gli orchestrali nella medesima direzione.

Come approccia a un nuovo lavoro che non ha mai diretto?

In realtà dipende dal repertorio, non è uguale per tutto. Avvicinare un’opera di Mozart è diverso rispetto a dirigere Mahler. Diciamo che tendenzialmente cerco di partire da una visione a campo ampio ed entrare via via nel dettaglio, andando sempre più a fondo, in modo da avvicinarmi man mano a capire la volontà del compositore.

Qual è il suo repertorio d’elezione?

Amo il repertorio classico, Mozart, Beethoven, che sono importantissimi anche per l’orchestra perché danno modo di imparare a suonare e articolare insieme, di costruire un’identità sonora, non solo di seguire la guida del direttore, ma sto esplorando sempre più il grande repertorio romantico tedesco.

Opera ne dirige?

Non ancora, più avanti spero di farlo, ma per ora sono concentrato sul sinfonico.

Cos’ha in serbo il futuro per Tobias Wögerer?

Nella prossima stagione debutterò alla Gulbenkian di Lisbona, un’istituzione molto legata alla Gustav Mahler Jugendorchester, poi ho progetti con diverse orchestre tedesche e austriache. Voglio procedere passo dopo passo e vedere come evolve, chiaramente ho dei sogni ma non una scaletta da seguire in modo definito.

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