11 novembre 2013

Nobuyuki Tsujii al Giovanni da Udine

Quando ci si trova di fronte ad un artista come Nobuyuki Tsujii, capace di imporsi giovanissimo con un consenso di pubblico degno di una stella della musica leggera, è inevitabile interrogarsi sulle ragioni, al di là dei giochi di marketing, della particolarissima storia personale (che senz'altro incide), al di là della tecnica stessa che, benché fenomenale, non sorprende più di altre. Tsujii è di più, è un artista capace di parlare al presente. Lo si capisce quando nel suo Rachmaninov si ascolta un musicista che sviluppa il discorso in modo da raccogliere le istanze della musica contemporanea, mescolando una veemenza quasi rockettara ad un'esasperazione delle dinamiche che ricorda da vicino l'approccio di certi specialisti del barocco, il tutto condito da suggestioni jazzistiche nella gestione della frase e del ritmo. Non ci sono le buone maniere e forse nemmeno la profondità di analisi dei grandi interpreti del passato ma una forza immediata, di grande impatto emozionale.

Proprio Nobuyuki Tsujii, accompagnato dai Münchner Symphoniker diretti da Andriy Yurkevych, era il protagonista del secondo appuntamento stagionale per il cartellone di musica e danza del Teatro Nuovo Giovanni da Udine.

Nobuyuki Tsujii interpretava il Concerto n.2 op.18 per pianoforte e orchestra di Rachmaninov con temperamento. Il suono era pulitissimo, fluido, senza inciampi, i pianissimi nitidi, le cadenze snocciolate alla perfezione. Il pianista risolveva l'opera senza intellettualismi, dandone una lettura epidermica, giocata sui contrasti e sulla dinamica piuttosto che sul colore. Ne usciva un concerto compatto, senza cali di tensione, travolgente proprio in ragione della grande immediatezza comunicativa. Andriy Yurkevych lo accompagnava senza invadenza, con buon suono e qualche eccesso di pesantezza. È mancato ai Münchner Symphoniker lo spessore sinfonico della grande orchestra ma nel complesso la prova piaceva e convinceva.

Accolto trionfalmente dal pubblico, Tsujii ringraziava con la parafrasi di Liszt del quartetto del Rigoletto, dando ulteriore prova di funambolico magistero tecnico.

Nella seconda parte di concerto il programma prevedeva Brahms, compositore tra i più scomodi e provanti: la perfezione apollinea della scrittura e l'equilibrio di colori ed impasti fanno dei suoi lavori spietate cartine al tornasole per ogni compagine che li affronti. I Münchner Symphoniker non sono una formazione di primissimo livello e Yurkevych non ha la statura del grande interprete - almeno non ancora - e ciò inevitabilmente traspare nella trasparenza della Quarta sinfonia op.98. Una Quarta ordinaria, di discreta routine. L'orchestra suonava con precisione non sempre irreprensibile alternando momenti pregevoli (su tutti l'allegro giocoso, energico e compatto) ad altri meno felici (l'allegro non troppo e l'andante evidenziavano difetti di amalgama e, non di rado, di intonazione). Non lasciava impronta la direzione cauta e generica di Yurkevych, più attento a fare tornare i conti che ad imprimere un'idea del proprio Brahms.

Buon consenso di pubblico, pur senza l'entusiasmo riservato a Tsujii, anche per la quarta.

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