1 giugno 2025

Le ultime sinfonie di Mozart secondo Marc Minkowski

   Se Marc Minkowski ha avuto un pizzico di buona sorte nell'essere entrato in scena in un momento in cui il fermento intorno alla prassi storicamente informata iniziava ad esplodere e il terreno da esplorare era quasi completamente vergine, d'altro canto i risultati cui è giunto e il livello cui ha portato l'ensemble fondato nel 1982, i Musiciens du Louvre, sono meriti incontestabili. Oltre alla paternità di una delle formazioni barocche attualmente più apprezzate al mondo e all'affermazione come interprete di rara vivacità e fantasia, Minkowski è tra i pochi specialisti che hanno saputo imporsi in modo credibile anche al di fuori del recinto del repertorio preromantico, qualificandosi come voce credibile, e spesso illuminante, anche in produzioni ben più tarde.



   Le ultime tre sinfonie di Mozart portate in concerto al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, figurandosi come un ideale spartiacque tra questi mondi, sono il punto di incontro ideale per dare prova di un dominio totale dello stile e del suono orchestrale, che, avendo al contempo la limpidezza delle esecuzioni informate e un organico cameristico ma tutt’altro che esangue, permette di restituire sia le radici dei lavori proposti, sia le loro proiezioni nel secolo a venire.

   Per trattarsi di orchestra su strumenti d'epoca e che suona secondo prassi, Les Musiciens du Louvre esprimono infatti un suono straordinariamente dolce e corposo, che certo ha i limiti del genere - qualche sfilacciatura negli attacchi e limiti intrinseci nell’effetto “alone” dell’amalgama - ma un livello minimo di secchezza e sferragliamenti. D'altronde, al netto dell'ormai consolidata frequentazione con il programma proposto, portato in tournée anche a inizio anno, si sente la dimestichezza con repertori più tardi nella capacità di produrre densità e una fluidità di legato di sapore ottocentesco.

   Se la Sinfonia n. 39, pur nella sua dirompenza, palesa qualche limite di tenuta nel secondo movimento, la Sinfonia n. 40 in Sol minore KV 550 è entusiasmante per varietà e tenuta, dall’Allegro di apertura, dionisiaco e spumantino, fino a quello conclusivo, passando per un Andante dilatato e pennellato con sapienza fino ai limiti massimi sostenibili dall'orchestra, in cui si apprezza il grande mestiere nella gestione del direttore.

   Il piglio energico, mai disgiunto da un’attenzione al dettaglio, è il dato saliente di una Jupiter incalzante ma mai effettistica, in cui energia e tensione, financo la concitazione nei momenti più accesi, non vanno mai a discapito della chiarezza delle diverse linee strumentali.

Trionfo e saluto con bis, uno dei cavalli di battaglia dell’orchestra: l’ingresso di Polymnie dal IV atto de Les Boréades di Rameau.