Si è aperta con un concerto fuori abbonamento, i cui proventi saranno devoluti al Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, la stagione 2013-2014 del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone. Un'iniziativa che unisce alla nobiltà d'intenti l'altrettanto apprezzabile proposito, ben esposto a inizio serata dal neo direttore artistico Maurizio Baglini, di incrementare la collaborazione tra il teatro e le altre eccellenze pordenonesi, estendendo ulteriormente la già ricca offerta del Verdi.
Protagonisti della serata lo stesso Baglini, nella veste di pianista che lo ha reso celebre ed acclamato nel mondo, e la Filarmonica Toscanini di Parma diretta da Massimiliano Caldi con un programma prevalentemente russo (il secondo concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov e la quinta sinfonia di Čaikovskij), impreziosito da una concessione al grande repertorio operistico italiano, doveroso omaggio al bicentenario dalla nascita di Giuseppe Verdi.
Proprio Verdi, con la Sinfonia dal Nabucco, dava inizio a concerto e stagione. Massimiliano Caldi, alla guida di un'orchestra precisa e compatta, optava per una lettura corrusca ed energica, intesa a restituire l'impeto popolano e l'ardore tipici del primo Verdi piuttosto che a ricercare il preziosismo orchestrale o il dettaglio.
Il Concerto N.2 Op.18 per pianoforte e orchestra, presentato da Sergej Rachmaninov nel 1901, è un lavoro tra i più celebri e frequentati dell'intero repertorio. Forte di una scrittura in cui l'intensità emotiva ed il patetismo post romantici si fondono ad un virtuosismo strumentale di alta scuola, il concerto si impone come banco di prova tra i più ardui per un musicista, sia per le sollecitazioni tecniche ed espressive, sia per gli impegnativi paragoni con la grande tradizione interpretativa.
In un'esecuzione complessivamente molto buona piacevano soprattutto la morbidezza strumentale e la bellezza timbrica con cui Baglini affrontava la pagina, in particolar modo l'avvio dell'adagio delineava un'atmosfera sospesa che è stata raccolta solo in parte dall'ingresso di flauto e clarinetto. Suonava altrettanto affascinante e prezioso il raffinato dialogo ritmico tra pianoforte e orchestra del terzo tempo, culminato con un allegro scherzando connotato di sottile ironia. Meno a fuoco è parso il primo tempo del concerto (moderato) in cui gli equilibri orchestrali hanno evidenziato alcune imperfezioni sia nel bilanciamento dei volumi, con il solista spesso sovrastato dall'orchestra, sia nella sinergia di intenti in alcuni passaggi tra i più concitati.
Il programma proseguiva con la Sinfonia n. 5 in mi minore, op. 64 di Pëtr Il’ič Čaikovskij, opera di straordinario fascino e raffinatezza in cui il compositore sviluppa ulteriormente il problematico rapporto dell'uomo con il destino - o meglio con l'ineluttabilità dello stesso - già avvicinato nel precedente lavoro sinfonico. Sin dall'andante iniziale si percepiva come tale suggestione fosse letta da Caldi attraverso il filtro della malinconia - o al limite della disperazione - piuttosto che come ritorsione rabbiosa e violenta al fatum stesso. Il colore cupo pur senza essere mai greve, l'impeto trattenuto, l'equilibrio quasi austero nei momenti di fortissimo, restituivano un Čaikovskij intimamente sofferto ma mai esteriore.
Molto buona la resa dell'Andante cantabile dove allo straniamento malinconico del corno subentrava l'ottimismo degli archi, quindi dell'intera orchestra, con tinte tenui di commovente delicatezza. L'allegro moderato evidenziava ottima consapevolezza tecnica e precisione orchestrale ma non altrettanta fantasia mentre la magniloquenza del grandioso finale, con il tema del destino ripreso e celebrato in maggiore, veniva risolto trionfalmente ma senza la brillantezza di suono che ci si aspetterebbe.
Dal punto di vista squisitamente tecnico si apprezzavano la compattezza sonora dell'orchestra, a onor del vero a scapito della trasparenza, la morbidezza e la pulizia degli attacchi, l'impeccabile adesione alle suggestioni ritmiche offerte dal podio. Rimanevano alcune perplessità per la scarsa consuetudine della compagine orchestrale con un repertorio che siamo abituati ad associare ad altre sonorità e varietà di colori: la Toscanini, benché precisa e musicalmente inappuntabile, non è riuscita a restituire completamente, forse per una precisa scelta interpretativa, la ricchezza di colori e alchimie cromatiche che questi capolavori, soprattutto la Quinta di Čaikovskij , metterebbero a disposizione.
A fine concerto accoglienza molto calorosa del pubblico pordenonese per il maestro Caldi e l'orchestra così come entusiastica è stata la risposta alla performance di Maurizio Baglini, lungamente applaudito.
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