21 maggio 2021

Note su note: Beethoven, Sinfonia No.7 e Concerto per pianoforte e orchestra No.4

Carriera fulminante quella di Lahav Shani (classe 1989), nato pianista, cresciuto contrabbassista e divenuto poi in un batter di ciglia direttore d’orchestra di prima fascia. Il primo premio alla Mahler Competition del 2013 gli è valso un tutto-e-subito impressionante: Wiener Philharmoniker, Israel Philharmonic, che ha scelto di affidargli la pesante eredità di Zubin Mehta, e Rotterdam Philharmonic Orchestra, di cui da un paio d’anni è direttore principale. 



È proprio con l’orchestra olandese che Shani realizza un disco, il suo primo dal podio, che è un viaggio nel Beethoven “di mezzo”, con la Settima sinfonia e il Quarto concerto per pianoforte, affrontato nella doppia veste di solista e direttore. Un biglietto da visita completo di una personalità eclettica ma ancora in fieri, che ha pregi e difetti della giovane età (artistica): tanta esuberanza e freschezza, un’energia urticante, ma anche una certa propensione al calligrafismo e alla discontinuità. O forse ha la sola colpa di avvicinare due opere dalle implicazioni mastodontiche senza averne ancora maturato una visione organica totalmente convincente. Ne esitano due splendide esecuzioni strumentali, impreziosite da un lavoro capillare di cesello delle linee, esposte e rifinite con chiarezza cameristica sia dal pianoforte che dalle voci orchestrali, ma che mai scavallano dall’ottima routine alla grande interpretazione, pur sfoggiando di momenti di grande impatto e una cura per il suono di tutto rispetto.


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