Pochi autori riescono a mettere a nudo l’abilità esplicativa di un direttore d’orchestra, intesa come capacità di penetrare nella struttura compositiva per svelarla all’ascoltatore, al pari di Anton Bruckner. Eppure, per tradizione o semplicemente per abitudine, spesso la tentazione di lucidare i blocchi marmorei che costituiscono gli elementi costruttivi delle sue maestose cattedrali sonore prevale sullo sforzo di enuclearli ad uno ad uno per illustrare come si incastrino nel generare un'architettura complessa. Sottrarsi alla sfida dell’analiticità, preferendo la strada della compattezza e dell’omogeneità, ha l’ovvia conseguenza di irrigidire il gioco a intreccio tra le cellule compositive che formano il corpo di quell’organismo pantagruelico che è una sinfonia bruckneriana, congelando i mille spunti musicali in un monolite tanto imponente quanto statico.
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foto Luca d'Agostino |
Che Kirill Petrenko, al debutto sul podio della Gustav Mahler Jugendorchester in un repertorio appena sfiorato in passato, potesse condurre a un approdo rivelatorio era ben più che un auspicio, tuttavia la prova del palco al Teatro Verdi di Pordenone, nel primo concerto della tournée primaverile, ha spalancato delle prospettive sbalorditive sulla Quinta di Bruckner.
Quello in cui conduce Petrenko è un viaggio nella fantasia tortuosa di Anton Bruckner e nel suo procedimento compositivo. Seguendolo si è travolti dal continuo fiorire di idee che - come sono solite fare le idee - ora brulicano, ora si affastellano confusamente, ora si deformano in qualcosa di inafferrabile o mostruoso, ora si sgonfiano per svanire nel silenzio.
Se Petrenko riesce ad animare lo sviluppo del discorso musicale sin dal pianissimo ectoplasmatico che apre il primo movimento è perché lavora su di ogni inciso conferendogli un carattere proprio e una determinazione all’interno della struttura generale. Così il corale degli archi nell’Adagio affiora inizialmente come un’onda di reminiscenze per poi ripresentarsi talmente denso da trasmettere un senso di dolore palpabile e trasfigurare ancora in altra forma, come affievolito. Tratta analogamente gli echi di Ländler nello Scherzo - attaccato con un virtuosismo spericolato - che ad ogni ritorno hanno un tono differente: triviale prima, malinconico poi, quasi frivolo e galante infine. Una dialettica che va ulteriormente evolvendo nella fuga del Finale, azzannata con violenza brutale per farsi via via più flessibile e sciolta, in un progressivo accumulare tensione che esplode nell’ineluttabile tripudio.
In questa narrazione dalla visionarietà “fantastique”, ogni frammento musicale guizza dall’orchestra inatteso e imprevedibile come può fare solo qualcosa di autenticamente vitale e, se tale appare, è perché ogni scelta di articolazione, ogni transizione, ogni scarto ha in sé qualcosa di sorprendente. Sorprendente non per velleità narcisistiche, ma perché incanalato in una visione tanto immaginifica quanto coerente dell’opera di un autore che mai è parso tanto emancipato da quell’ampollosità monumentale di tradizione che, in fondo, benché abbia assoluta dignità nella storia interpretativa specifica, ne imbolsisce la vena creativa.
Se il meccanismo funziona, c’è molto merito della Gustav Mahler Jugendorchester che non è solo - come si registra anno dopo anno - un’ottima orchestra, con un’identità timbrico-attitudinale che resiste alle continue rigenerazioni d’organico, ma che è altresì duttile e perfettamente responsiva al gesto del direttore, cui si dà e affida con una generosità e una concentrazione commoventi. Se già la prova al debutto è prossima all’impeccabilità per compattezza, fluidità e bilanciamento degli equilibri, al netto di qualche piccola increspatura incidentale, non si può che pronosticare un’ulteriore crescita di confidenza nel corso delle cinque repliche in programma tra Italia (Ravenna e Roma) e Spagna.
Successo trionfale sancito dal pubblico di un Verdi tutto esaurito con dieci minuti di ovazioni ininterrotte. L’appuntamento a Pordenone con la GMJO è rimandato ad agosto con la residenza estiva e con due repliche del tour che seguirà affidato a Ingo Metzmacher (2 e 4 settembre).